Il concetto di amae è fondamentale per comprendere
meglio il fenomeno degli hikikomori. Esso esprime, in sostanza, una relazione di dipendenza tra madre e
figlio, un rapporto simbiotico.
Il termine è stato usato per la
prima volta da Takeo Doi nel 1973 (all'interno del libro: "Anatomia della dipendenza") e non è altro che il sostantivo del verbo ameru che significa “dipendere da e
presumere benevolenza dall’altro”. La traduzione non è letterale, in quanto,
nelle lingue Occidentali, una parola corrispondente all’amae non esiste. Perché? Secondo lo stesso Doi ci troveremmo di
fronte ad un sentimento esclusivamente giapponese. A tal proposito egli dice:
“[…] il fattore che il termine amae esiste in Giappone, mentre manca nelle lingue occidentali, può essere interpretato come segno che, contrariamente a ciò che avviene in Occidente, i giapponesi sono particolarmente sensibili all'amae e vi attribuiscono una grande importanza.”
Lo stesso autore fornisce due possibili spiegazioni per giustificare la
mancata presenza dell’amae anche in altri paesi:
"[...] la prima è che, mentre in Giappone i rapporti umani fondati sulla dipendenza si sono integrati nel sistema sociale, in Occidente ne sono rimasti esclusi, col risultato che l'amae ha potuto svilupparsi nel primo caso e non nel secondo. L'altra spiegazione, che non contraddice necessariamente la prima, è che anche nelle società occidentali dove non esiste termine equivalente all'amae, e un'emozione corrispondente non sembra esistere, se ne possono di fatto osservare analoghe in numero cospicuo […]”
Ma in che modo l’amae riguarda il fenomeno degli hikikomori?
Secondo alcune ricerche, circa nell’88% dei casi di hikikomori la
madre presenta questo tipo di relazione con il figlio. Con il passare degli
anni l’amae si concretizza in un atteggiamento sempre più iperprotettivo
della madre verso un ragazzo (e non più un bambino) che potrà reagire in modo ambivalente:
da una parte “approfittando” di queste eccessive attenzioni, dall’altra sentendosi
oppresso e reagendo, talvolta, in modo aggressivo (come testimoniano i numerosi
casi di violenza operati dagli hikikomori nei confronti dei genitori).
E in Italia?
L’amae sembra giocare un ruolo molto importante nelle dinamiche degli hikikomori giapponesi, ma possiamo dire la stessa cosa per gli hikikomori italiani?
Una risposta a questa domanda ancora non c’è. Anche presupponendo che l'amae sia un sentimento esclusivo della cultura nipponica, possiamo comunque ipotizzare che esistono altri tipi di legami simili
all’amae anche in Occidente, anche in Italia (come sostiene lo stesso
Doi).
Insomma, sono ancora tante le domande legate a questo concetto e forse noi, che ragioniamo e vediamo il mondo con occhi occidentali, non siamo in grado di concepirlo fino in fondo e comprenderne l'essenza.
Per approfondire ulteriormente il tema vi consiglio di leggere il testo completo.
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