Lentamente l’attenzione sul fenomeno degli hikikomori sta
crescendo. Gli articoli che ne parlano si stanno moltiplicando sul web e, negli
ultimi anni, il tema è stato affrontato più volte anche in televisione.
Questa attenzione è sicuramente positiva perché contribuisce
ad aumentare la conoscenza e a sensibilizzare sempre più persone sul fenomeno. Tuttavia,
quando si affronta un tema così complesso senza essersi prima adeguatamente
informati, è molto facile cadere in errore, risultare superficiali, o fare
della vera e propria disinformazione.
Sempre più spesso l’hikikomori viene scambiato con patologie con cui non ha nulla a che fare, generando una grande confusione intorno al fenomeno e, di fatto, impedendo a coloro si trovano in questa condizione di identificarsi.
Per questo motivo, prima di capire cos’è l’hikikomori, è
importante stabilire cosa NON è l’hikikomori.
L’hikikomori non è dipendenza da internet
Come ribadito più volte in questo blog, l'utilizzo del web
da parte degli hikikomori è da intendersi come una conseguenza dell'isolamento
e non come una causa (ne ho parlato approfonditamente qui).
Il fenomeno è scoppiato in Giappone ben prima della
diffusione del personal computer. Questo significa che prima che esistesse
internet l'isolamento degli hikikomori era totale. Da questo punto di vista
l'utilizzo del web può essere interpretato come un fattore positivo in quanto
consente ai ragazzi di continuare a coltivare delle relazioni sociali che
altrimenti non avrebbero.
L’hikikomori non è depressione
Secondo molti l'isolamento degli hikikomori sarebbe
solamente la conseguenza di uno stato depressivo. Abbiamo già discusso in
questo post del perché si tratta di una falsa credenza, nonché di una banale
semplificazione. Innanzitutto, come stabilito anche dal Ministero della Salute
Giapponese nel 2013, l'hikikomori NON è una malattia (al contrario della
depressione). È stata infatti dimostrata l'esistenza di un "hikikomori
primario", ossia un hikikomori che
si sviluppa prima e a prescindere da altre patologie; uno stato di ritiro che
non deriva da nessun disturbo mentale preesistente.
L’hikikomori non è una fobia sociale
Così come l'isolamento dell'hikikomori non è causato dalla
depressione, esso non nemmeno riconducibile semplicemente a un disturbo d'ansia, come, ad esempio, la fobia sociale o l'agorafobia (ovvero la paura degli spazi aperti, dei
luoghi pubblici).
È innegabile che dopo un lungo periodo di isolamento una persona possa sviluppare una dipendenza dal computer, possa sperimentare un calo dell'umore o avere paura di uscire di casa, ma questo può portarci ad affermare che dipendenza da internet, depressione e fobie sociali siano la causa dell'hikikomori? La risposta è "no".
È innegabile che dopo un lungo periodo di isolamento una persona possa sviluppare una dipendenza dal computer, possa sperimentare un calo dell'umore o avere paura di uscire di casa, ma questo può portarci ad affermare che dipendenza da internet, depressione e fobie sociali siano la causa dell'hikikomori? La risposta è "no".
Cos’è l’hikikomori?
L’hikikomori è una pulsione all'isolamento fisico, continuativa nel tempo, che si innesca come reazione alle eccessive pressioni di realizzazione sociale, tipiche delle società capitalistiche economicamente sviluppate.
(questa definizione di Hikikomori è frutto esclusivamente dei miei studi e
delle mie riflessioni sul fenomeno. Non è una definizione ufficiale. Non è
stata tratta da studi scientifici, libri o riviste).
Quando questo gap diventa troppo grande si sperimentano sentimenti di impotenza, perdita di controllo e di fallimento. A loro volta questi sentimenti negativi possono portare ad un atteggiamento di rifiuto verso quelle che sono le fonti di tali aspettative sociali. E siccome queste fonti sono rappresentate, come detto, dai genitori, dagli insegnanti, dai coetanei e, più in generale dalla società, il ragazzo tenderà spontaneamente ad allontanarsene. Da qui il rifiuto di parlare con i parenti, di andare a scuola, di mantenere relazioni d’amicizia e di intraprendere un qualsiasi tipo di carriera sociale. Da qui i sentimenti d’odio verso le sorgenti del proprio dolore.
Da qui la scelta del ritiro, dell’isolamento.
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