Tamaki Saito è stato tra i primi psichiatri giapponesi a occuparsi del fenomeno degli hikikomori, tanto da essere diventato un punto di riferimento mondiale sul tema.
Lei si occupa di hikikomori, ma simpatizza per loro?
Sì, perché c'è stato un momento nel quale anche io sarei potuto diventare un hikikomori, anche se non so dire di preciso quando. Per esempio, se avessi fallito il passaggio all'anno successivo quando ero al college, oppure se avessi fallito l'esame nazionale, sarei potuto tornare a casa nella mia città natale e diventare un hikikomori.
Per questo motivo penso di capire molto bene come si sentono. Mi preoccupo di cosa le persone pensano di me; se io fossi tornato a casa sarei stato nervoso e avrei avuto difficoltà a uscire. E capisco anche che gli hikikomori possano avere dei sentimenti negativi nei confronti dei loro genitori se questa situazione si dovesse protrarre per 2 o 3 anni.
Ha mai desiderato di essere un hikikomori?
Sicuramente, persino ora lo farei se solo ci fosse un'uscita di emergenza. Se ci fosse un bottone che mi facesse smettere di essere un hikikomori dall'oggi al domani. Il pericolo è che se la condizione di isolamento comincia, non ci sarà un'interruzione. Se ne diventi dipendente, poi diventa difficile uscirne, non importa quanto lo desideri. Questo è il meccanismo dell'hikikomori. Questo è il motivo per cui io non voglio provare a vivere in una situazione del genere.
L'hikikomori deriva da una reazione difensiva che mira a proteggere il proprio ego. Tu vuoi proteggere te stesso tagliando le connessioni sociali quando sei esausto o particolarmente stressato. So che non ci sono bottoni di emergenza come quello che ho immaginato prima, ecco perché non posso essere un hikikomori anche se a volte lo desidero.
Ci sono persone che diventano hikikomori e persone che invece non prendono questa strada. Cosa le differenzia?
Potrei dire "il caso". Una persona può accidentalmente trovarsi a passare tanto tempo in casa per un po' di anni. Chiunque può diventarlo, anche se alcune persone affermano il contrario.
Le ragioni possono essere la frequenza di una scuola problematica, l'aver subito bullismo, oppure l'aver fallito un test di ingresso, e così via. Può cominciare per il semplice caso.
Quando sei intrappolato in questa situazione, i tuoi genitori possono non capire cosa ti stia succedendo, possono cominciare a lamentarsi di te per anni e spingerti in un angolo. Tutto ciò aggrava la tua condizione. Ma se a quel punto i tuoi genitori cominciano a mostrare un po' di compassione e ti fanno sentire più sereno e a tuo agio, la situazione potrebbe migliorare.
Ho sentito di casi terribili. "I miei genitori minacciavano di buttarmi fuori di casa se fossi diventato un hikikomori", mi raccontano alcuni.
Ecco perché sostengo che dipenda dal caso. L'atteggiamento dei genitori nei tuoi confronti, la scuola che frequenti, dove vivi... tutti questi fattori combinati assieme posso portare a farti diventare un hikikomori o meno.
Io non credo che le esperienze dell'infanzia abbiano alcun impatto sull'hikikomori. Le statistiche mostrano che le persone introverse sono più portate a diventare hikikomori, ma ci sono anche molti hikikomori estroversi. Pertanto non c'è un modo giusto per crescere un bambino senza il rischio che possa diventare un hikikomori.
Certo... se i tuoi genitori conoscessero bene la nozione di hikikomori e ti dicessero fin dalle medie che si prenderanno cura di te solo finché avrai 25 anni, se te lo dicessero ogni anno, probabilmente non diventeresti un hikikomori.
Intervistatore: in realtà i miei genitori mi dicevano che non si sarebbero presi cura di me una volta terminata l'università. Io fui obbligato a svolgere moltissimi compiti per un lungo periodo. Dicevano che era necessario per permettermi di camminare con le mie gambe in futuro. Io mi ammalai mentalmente e divenni un hikikomori. Caddi in depressione.
I tuoi genitori si preoccupano eccessivamente. Probabilmente è stato troppo duro per te sentirtelo dire così spesso. Potresti non aver percepito nessun amore da loro. I genitori dovrebbero correggere il loro modo di comprendere.
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